Mostra del pittore Marino Sassi a Tivoli dal 15 al 19 Novembre 2009 presso le Scuderie Estensi.
A proposito di Marino Sassi
Sassi lo si può considerare uno dei più variegati artisti contemporanei. Nelle sue opere si ammira tutta una folta congerie di rimandi a correnti di gusto internazionale, in primis all’Art Brut (letteralmente “Arte grezza, bruta”). Fu Jean Dubuffet nel 1949 a dare alle stampe il testo “Art brut préféré aux arts culturels”. In esso spiega: “Intendiamo con questo nome opere… nelle quali il mimetismo, contrariamente a ciò che avviene per gli intellettuali, ha poco o scarso peso. I loro autori traggano tutto (soggetti, scelta dei materiali, messa in opera, ritmi, stili di scritture) dai loro propri mezzi e non da stereotipi dell’arte classica o alla moda.. Assistiamo a un’operazione artistica… reinventata dal suo autore…partendo solamente dai propri impulsi”. Più precisa Lorenza Trucchi: “Il termine...vuol dire arte fuori dalla cultura”. Arte pura, che non ha bisogno di una visione mimetica della realtà, perché basa la sua interpretazione sul dato oggettivo. Se di realtà si deve parlare essa è nuda e cruda. Ma Sassi non si ferma qui: la sua pittura ha bisogno di un altro canale per manifestarsi, non basta urlare e ammonire, adoperare colori forti, accesi, di immediato impatto visivo. No: egli racchiude il suo pensiero e il suo spirito in parole secche, come in “Urla!”, “Aiuto!”, “No”, “Si”, ma esplicative sono anche frasi e i richiami a personaggi quali Falcone, Gramsci, Pasolini. Scriveva Falcone: “Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana”. Onore a Giovanni Falcone. Onore, sembra una frase normalissima, ma a oggi, cosa di nuovo è cambiato? Se poi nell’avvertimento del giudice fascista contro Gramsci si palesa un avvenimento molto vicino a noi (il Sig. S.B., acquistando tutti i giornali e controllando tutte le TV italiane, non “imbavaglia” forse la libertà delle persone?) nell’opera incentrata sulla morte del grande poeta, scrittore, giornalista, linguista e cineasta Pasolini non penso ci sia bisogno di commenti: il fondo scuro, il viso pallido appena abbozzato su cui la lama rossa di sangue deturpa i tratti. Molto più incisiva è la frase che l’accompagna: quel “Bastardi”, gridato a pieni polmoni, non è rivolto unicamente a chi ha compiuto materialmente l’omicidio (P. Pelosi, da solo o in presenza di altre persone), ma a tutti coloro che commettono atti violenti. Questa è un caratteristica della sua pittura, perché dal dato singolo si passa all’universale. Il suo è un atto d’accusa diretto, civile e politico a un tempo, provocatorio ma sempre costruttivo. “Quanto deve soffrire e sputare sangue un uomo per essere tale?” È una domanda ricorrente in molti di noi, a cui nessuno, purtroppo sa dare una risposta…
Gianni Gallinaro (Accademia di Brera)
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